Un riddim (abbreviazione di rhythm, cioè “ritmo”) è la base strumentale della musica reggae, dancehall e di altri generi giamaicani. Pensalo come il groove o il beat—solitamente composto da batteria e linea di basso—su cui diversi artisti possono cantare con testi e melodie proprie.
È uno degli aspetti più unici del reggae: un riddim, tante canzoni. Un solo riddim può generare decine di brani diversi, ciascuno con il suo stile.
Reggae Riddim: un po’ di storia
La cultura del riddim nasce tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70, quando i sound system dominavano la scena musicale giamaicana. I produttori creavano basi potentissime, che DJ e cantanti “versionavano”—cioè reinterpretavano creando nuove canzoni sulla stessa base strumentale. I riddim sono così diventati un elemento centrale della cultura musicale giamaicana.
Un articolo di Rolling Stone ne esplora l’origine:
Le radici dei riddim risalgono agli anni ’60, quando Leroy Sibbles, cantante degli Heptones e bassista della leggendaria Studio One, componeva linee di basso che sarebbero diventate la base di molti riddim riciclati nella musica giamaicana. “Altri produttori copiavano semplicemente i nostri ritmi perché suonavano bene,” racconta Sibbles. “Prendevano una traccia, la reincidevano e ci facevano cantare i loro artisti.”
Il concetto è esploso con l’arrivo dei beat digitali nel 1985. Anche l’aspetto economico ha giocato un ruolo importante: produrre hit con più artisti sullo stesso beat costa meno che crearne una nuova da zero, aumentando al contempo le probabilità di successo.
Alcuni dei Riddim Reggae più iconici
Sleng Teng
Il riddim “padre” della dancehall digitale. Pubblicato nel 1985 con “Under Mi Sleng Teng” di Wayne Smith, prodotto da King Jammy. Uno dei primi riddim creati interamente con una tastiera digitale. Una rivoluzione.
Stalag
Creato da Winston Riley nel 1973, lo Stalag 17 riddim (dal titolo del film di guerra del 1953) è stato versionato centinaia di volte. Potente, senza tempo. Indimenticabile in “Bam Bam” di Sister Nancy.
Real Rock
Un classico di Studio One: la versione originale è della band Sound Dimension (1968). Secondo Riddim ID, Coxsone Dodd lo considerava il suo capolavoro. Lo hai sicuramente sentito in centinaia di brani—rootsy e pieno di groove.
Answer Riddim
Basato su “Never Let Go” di Slim Smith (fine anni ’60), è tornato alla ribalta negli anni ’80 e viene ancora utilizzato oggi. Altro pilastro della produzione Studio One.
Heavenless
Questo riddim fu originariamente composto e registrato da Vin Gordon con il suo inconfondibile trombone presso lo Studio One nel 1968. Fu pubblicato con il suo soprannome “Don Drummond Junior” e per questo è spesso erroneamente attribuito a Don Drummond. Usatissimo nei sound system.
Full Up (oppure Pass The Kouchie)
Altro riddim firmato Studio One, pubblicato nel 1968. Rinomato anche come Pass The Kouchie, grazie alla celebre versione dei Mighty Diamonds (1981) su una versione del riddim di Augustus Pablo.
Punanny
Un riddim digitale crudo e potente, reso celebre da “Punanny” di Admiral Bailey (1986). Creato da King Jammy insieme a Steely & Clevie. Classico intramontabile della dancehall.
Bam Bam (o Murder She Wrote)
Questo riddim ha le radici nella canzone del 1966 dei Maytals con Byron Lee & The Dragonaires. Anni dopo, Sly & Robbie lo rilanciano con una chitarra ipnotica che diventa base per numerosi brani dancehall. È noto anche come riddim di “Murder She Wrote”, per via dell’enorme successo di Chaka Demus & Pliers.
Joyride
Elegante riddim dancehall degli anni ’90, creato dal produttore Dave Kelly. Celebre per “Yuh Nuh Ready Fi Dis Yet” di Tanya Stephens e “Sycamore Tree” di Lady Saw. Raffinato e ancora oggi attualissimo.
I riddim sono una parte fondamentale di ciò che rende il reggae così speciale. Si condividono, si versionano, si remixano—unendo generazioni di artisti attraverso lo stesso ritmo.
E tu, qual è il tuo riddim preferito?
Fonti:
riddim-id.com
rollingstone.com